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ARGETTI
Realizzata il: 21/03/2011
Autore: Tempo
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Settimanale alla scoperta delle migliori realtà musicali italiane in ambito rock e metal. Questa settimana rispondono alle nostre 25 domande gli ARGETTI, da Vicenza.

Ciao ragazzi e benvenuti su Groovebox.it. Come prima cosa presentateci la formazione della band e da dove venite.
Ciao Groovebox, qui Enri, batteria degli Argetti, molto lieto di sentirvi. Assieme a me fanno parte degli Argetti Marco Mantovani, per tutti "Il Cazza", ed Enrico Pancera alias "Punch", al basso e alla voce. Siamo di Vicenza e da tanti anni ce la mettiamo tutta per risollevare la scena punk underground, suonando ovunque in Italia ed all'estero ma, soprattutto, organizzando concerti qui e là per aiutare anche le altre bands a suonare in Italia.

 

Raccontateci un po' di storia della band: chi sono i fondatori ufficiali, quando è nata la band e com'è nata l'idea?
Gli Argetti nascono per gioco alla fine del 2003 con me alla batteria, Marco alla chitarra e Guido Becchetti alla voce. Poco dopo si aggiunge Punch al basso e con questa formazione diamo vita ad un demo Self Title (da oggi disponibile sulla pagina facebook Argetti) e a 2 full-lenght: "In My Shoes" (2005) e "Flags of Karma" (2007). Nella primavera del 2010 Guido, il cantante, lascia la band e gli Argetti diventano in un trio, con me e Marco ai rispettivi strumenti e panch alla voce e basso. Con questa formazione abbiamo  dato vita in poche settimane al nostro primo EP intitolato NEW SEEDS, 6 tracce prodotte e distributite in Europa, USA, Canada ed Inghilterra da NoReasonRec (it), Engineer Rec (uk/can/usa) e BadMoodRec (ch).
Il nuovo sound ci piace molto, ricorda a tratti le sonorità oscure dei Joy Division, band alla quale siamo molto affezionati, miscelate con una massiccia dose di punk rock vecchia scuola, alla Ramones per intenderci, e con melodie semplici e poppeggianti alla The Cure. Come nota di fondo trasuda comunque un solido background a base punk-hc west coast e tanta tanta scuola Dischord, Epitaph e Lookout.

 

Parlateci un po' del nome della vostra band: come nasce e che significato ha per voi?
E' una domanda che  ci fanno in molti e per la particolarità del nome "Argetti" ci si aspetterebbe una risposta avvincente, pregna di significati e di forti emozioni.
In realtà il nome nasce per caso. Il caro amico Cuzzi ce lo propose per gioco un pomeriggio al bar, quando la band era ancora più un gioco che un credo. Dai pochi ricordi di quel giorno (è passato molto tempo e la conversazione iniziò dopo parecchie birrette), il buon Cuzzi ci raccontò la storia di Argetti, ovvero la seconda stella più luminosa della costellazione di Ercole. Il racconto di Cuzzi ci gasò molto e da allora la band si chiama così.
La storia di Cuzzi non la ricordo ma cercando in internet abbiamo scoperto che da quella stella nasce un cavaliere dello zodiaco, il cavaliere di Argetti, obeso e col fiatone, indubbiamente il più sfigato della serie.

 

Presentatevi a chi non vi conosce: descriveteci il vostro sound e a quali gruppi e generi vi ispirate maggiormente. Tralasciando il solito discorso "non ci piace essere catalogati in un genere preciso", in quale movimento/genere vi collochereste?
Nessun problema di catalogazione, siamo fedeli al punk rock dei Clash e dei Ramones e ne siamo fieri. Per assurdo il punk ha così tante sfumature che il catalogarsi in questa filone lascia comunque ampio spazio interpretativo. Quindi, a mio avviso, una domanda più azzeccata da fare alle band oggiogiorno non è "che genere fai?" ma piuttosto "come lo fai?" e soprattutto "per chi lo fai?". A queste domande rispondiamo: "DIY" e "per noi stessi e per le nuove leve".

 

Parlateci un po' del vostro ultimo lavoro che avete realizzato e cosa possono aspettarsi gli ascoltatori dalle vostre canzoni.
E’ uscito in queste settimane il nuovo EP "NEW SEEDS" e rappresenta il primo lavoro realizzato in 3. Da quando siamo un trio, infatti, riusciamo a produrre velocemente i pezzi e questo ci dà la possibilità di dare ampio spazio alla creatività e di selezionare le idee migliori in corso d'opera. 
Per l'uscita di questo EP è stato fondamentale il supporto di NoReasonRec, etichetta con la quale abbiamo già collaborato in occasione dei "Flags Of Karma" e della sua riedizione in Giappone per la FastLifeRec, nel 2008.
Girando per l'Europa è sempre bello scoprire le facce delle persone che dedicano tempo ed energia alla scena punk underground. Ecco, i ragazzi di NoReasonRec fanno parte di quei volti. Assieme a loro ricordiamo e salutiamo anche i ragazzi di Ginevra della BadMoodRec e i dudes inglesi di Engineer Rec.

 

Ora parliamo della vostra discografia e carriera: qual è stata la prima cosa in assoluto che avete mai registrato, cosa avete inciso fino ad oggi e quante esperienze dal vivo avete avuto?
Non siamo schizzinosi sui generi e sulle innovazioni, ma soprattutto non temiamo le critiche. La nostra discografia ci dà ragione. Il demo era un cd masterizzato di 3 tracce indie-punk-emo alla At The Drive-In e Sparta. Il primo disco "In My Shoes" era una galoppata hc-punk alla Strike Anywhere e Rise Against. L'ultimo full-lenght "Flags Of Karma" è un disco punk-rock a tutto tondo, realizzato in un periodo in cui ci drogavamo pesantemente di Foo Fighters, Against Me e Hot Water Music.
Ultimamente, in risposta a questo mondo ostile che ci obbliga a rinunciare ai sogni per non morire di fame e di debiti, stiamo attraversando una fase wave e malinconica. Il fatto di non avere più 16 anni e il rendersi conto di vivere in un paese che non ti rappresenta si riflette speculare sul suono che produci.
Suonare è l'unica cosa che ci fà stare bene per cui, ai nostri amati ascoltatori, promettiamo che continueremo a farlo fino alla fine, in faccia a chi crede (e ti fa credere) di poter fare il cash sulla musica underground, e in risposta al cattivo gusto che sta ostruendo le arterie della musica italiana e rovinando le orecchie dei giovani.
Quello che ci contraddistingue da tante altre band è il suonare spesso all'estero. In 7 anni di attività ho perso il conto di quanti live abbiamo fatto: a memoria conto 2 tour in Inghilterra e molte tournè in Germania, Austria, Olanda, Svizzera, Polonia, Slovenia e Repubblica Ceca. Nell'estate del 2005 siamo stati anche in tour in Grecia e, nell'inverno dello stesso anno, in sud Italia, isole comprese.

 

Quale vostra canzone consigliereste a chi non vi ha mai sentiti?
Mmm..bella domanda. Non sempre i gusti dell'artista coincidono con quelli della critica. Se dovessimo seguire il consiglio del pubblico risponderemmo "Brand New Day (Charlie B)", dal disco Flags Of Karma, una cavalcata hc-m degna dei migliori Lifetime. A mio gusto suggerirei invece "Splinters", dal nuovo Ep "New Seeds", un pezzo che amo molto e che mi ricorda le notti passate ad ascoltare i vinili dei JawBox e dei Samiam.

 

Qual è finora il momento più bello e/o importante da quando siete una band?
Probabilmente è questo, cioè nello scoprire che la band è ancora solida e dinamica nonostante la perdita di Guido, il cantante originale con il quale abbiamo prodotto tutta la discografia antecedente "New Seeds".
Non è facile suonare punk nel 2011, soprattutto quando la patente ti ricorda che sei più vicino agli "'enta" che agli "'enti". Anzi, che dico? Il Cazza ha da poco compiuto 30 anni! Ahaha...fa ridere perchè chi ci legge potrebbe immaginarci anziani. Ma vi assicuriamo che non è l'età a rendere vecchio l’uomo...

 

Chi è il principale compositore del gruppo? Usate qualche metodo per assemblare tutte le idee che vi passano per la testa?
Nella band non vi è mai stata una linea gerarchica. Non esiste un leader e ogni membro mette quello che può, sia dentro che fuori la salaprove.
Io e Marco siamo attivi nel cercare le date, Punch da quando non c'è più Guido deve occuparsi dei testi e delle linee di voce.
Durante la realizzazione dei pezzi siamo in 3 a lavorare. Di solito partiamo da un giro di chitarra che viene poi riarrangiato sulla base delle idee di basso e batteria. Per ultima viene la voce, dopodichè decidiamo le ultime modifiche.

 

Parlateci un po' dei vostri testi: chi è il songwriter principale e quali sono gli argomenti che preferite trattare? E poi, meglio la lingua inglese o italiana?
Negli Argetti è sempre stato il cantante ad occuparsi di testi e linee vocali, quindi Punch in "New Seeds" e Guido prima di lui. Abbiamo sempre cantato in inglese per via dell'ampio respiro europeo che  hanno i nostri live e dischi. Tutto il background musicale che ci ha formato ha radici in UK e USA (The Clash e The Cure in Inghilterra, Ramones e Husker Du negli States), di conseguenza la scelta della lingua inglese è nata spontanea così come il primo giro di chitarra distorta in sala prove nel Novembre del 2003, quando sono nati gli Argetti.
I testi parlano di esperienze e riflessioni personali, degli amici che abbiamo incontrato e perso lungo la strada, dei successi e difficoltà di ogni giorno, del mondo che si evolve sotto ai nostri occhi e dell’uomo comune che ne è passivo spettatore e non legittimo protagonista.

 

Quant'è importante per voi l'attività live di una band e quant'è determinante secondo voi la presenza scenica e perchè?
Per noi l'attività live è sempre stato il cuore della band stessa. Non riesco infatti ad immaginarmi un gruppo che nasce e muore in salaprove. Non amiamo le band che realizzano dischi al di sopra delle loro capacità. Riassumendo: l'80% del voto ad una band dovrebbe essere attribuito sulla base della prestazione live, coerentemente con il materiale inciso. Il restante 20% è dato dai rapporti interpersonali tra artista e pubblico, perchè nel punk non c'è posto per i vip.
Onestamente mi vengono in mente poche band italiane per le quali consiglierei ad un amico di andare a vedere un loro concerto: i RRRN, i Wora Wora Washington, i Laser Geyser, i Seditius, Devotion per citarne alcune… 
Credo inoltre che l'efficacia scenica sia il solo vero strumento per tornare a fare avvicinare il pubblico alla musica underground. Con gli sviluppi della tecnologia e dell'editing digitale, oggi chiunque può realizzare un bel disco. Sul palco invece metti a nudo l'attitudine ed è con questa che si può tornare a comunicare in maniera diretta e spontanea col pubblico. Mi vengono in mente ad esempio i Monotonix, gruppo israeliano le cui performances live superano di gran lunga quelle del disco, una band che dopo un live ti lascia per giorni in testa il tarlo "ma è successo davvero??".
L'attività live inoltre ti mette in contatto con le persone, faccia a faccia, e da come ti rapporti con organizzatori (e qui parlo da local promoter) dimostri di che pasta è fatto realmente l'uomo. E, ahimè, sono in pochi quelli che si salvano.
Ho sentito grandi discorsi di attitude e support da band che sul palco si marchiano underground e nel backstage chiedono più soldi di quello che la cassa offre. Ecco… questa attitude non è la nostra.

 

Quanto conta secondo voi il look di una band al giorno d'oggi? Voi avete un vostro “dress code” oppure salite sul palco come capita?
Non abbiamo mai preso in considerazione l’idea di un dress code comune, anche se personalmente apprezzo molto le bands con certo style, come gli svedesi Henry Fiat's Open Sore con le loro maschere da sado-wrestler-maso.
Ma la linea di confine tra originalità e cattivo gusto è, ahimè, sottile e abbiamo assistito a scene di veri e propri “hairdress meeting” nel backstage di un festival punk (non faccio nomi) con sommo stupore nostro, dei Dead To Me e degli Strike Anywhere. Ecco, questo tipo di dress code non ci interessa. D'altra parte è un paese libero percui vestiti e pettinati come ti pare, l'importante è che quando prendi in mano lo strumento lo fai con serietà e convinzione - ad esempio il nostro Punch che si veste con la giacca della nonna e la maglietta coi cervi che si incaprettano ma poi, quando prende in mano il basso, diventa una persona credibile.

 

Cosa possono aspettarsi i ragazzi che vengono ad assistere ad un vostro show?
Sicuramente divertirsi, almeno quanto ci divertiamo noi sopra al palco. Fondamentalmente siamo 3 cazzoni che vorrebbero fare le cose fatte bene ed invece gli riescono a loro modo, ovvero alla cazzona. Esempio l'ultimo tour in Germania dove non ci siamo capiti col promoter e siamo partiti dall'Italia con metà della backline.

 

Un vostro parere sulla scena italiana e suggerimenti per accrescere il movimento underground sempre più affollato; inoltre vorremmo che ci indicaste quali sono secondo voi i migliori gruppi italiani del momento.
Ah, è affollata? Allora siamo davvero anziani, non ce ne siamo accorti!
Primo suggerimento è di suonare e fare suonare, al dì là delle aspettative e dello scambio data. E' un mondo difficile per la musica punk ma tutti assieme siamo abbastanza da poter cambiare la situazione.
Altra buona cosa è spegnere la tv e tornare a comprare i dischi e maglie dal merch dei gruppi in tour. E pagate i biglietti dei concerti col sorriso! Infine ascoltatevi le bands delle t-shirts dei vostri musicisti preferiti, nella foto del loro primo album.
Non sono molto colto in merito alle band italiane del momento, non ho la tv e non ascolto la radio. Ma sono certo di non starmi perdendo molto. Gruppi che conosco meritevoli, oltre a quelli già citati sopra, sono i Detroit, i Gargantha, gli Aim e Il Teatro Degli Orrori.

 

Meglio uscire per un'etichetta discografica (che sìa major o indie) o lasciare l'intera gestione della band in stile D.I.Y. e perchè?
Indubbiamente avere un'etichetta alle spalle può aiutare nella distribuzione dei dischi e nell’esaltare l’immagine complessiva della band. La collaborazione con NoReason ci ha permesso di entrare in contatto con altre etichette estere e quindi di esportare il nostro nome anche fuori dai confini comunitari come Giappone, Canada e America, mete che difficilmente saremmo riusciti a raggiungere con un tour per problematiche di cash e tempo.
La distribuzione DIY resta comunque il fondamento della musica underground, percui a mio avviso non c'è uno senza l'altro. E comunque è bene ricordare che il movimento Do It Yourself non è band-specifico, ma è radicato nella collaborazione di vari complessi, 'zines e promoters che si autosupportano senza tornaconto.

 

Quanto vi hanno aiutato i social network come Myspace, Facebook, Twitter a farvi conoscere e quanto in generale questi strumenti possono aiutare un gruppo a farsi conoscere rischiando però di cadere nella marea di band emergenti che forse abusano di questi mezzi?
Indubbiamente i social network son un'utile piattaforma dalla quale far decollare i propri progetti. Ma anche i social network non sono immortali, ricordo ad esempio l'epoca di msn messenger, dominatore assoluto delle chat rooms, sostituito poi da myspace e a sua volta spazzato via da facebook. Probabilmente nel medio periodo anche facebook diventerà retrogrado per fare spazio a qualcosa di nuovo.
Nonostante gli ultimi caotici aggiornamenti, myspace rimane il vettore più efficace per far conoscere la tua band (anche se ieri, grazie ad Albe di Occasional Disaster Booking, ho scoperto che anche facebook offre applicazioni simili a myspace, per caricare le canzoni e la discografia, ad esempio).
Detto ciò, per un’efficace promozione bisognerebbe tenersi sempre aggiornati sull'evoluzione dei social networks e creare nuovi profili del gruppo in ogni neonata rete sociale.
Ma noi non siamo la CocaCola, siamo una band punk, ai nostri concerti ti fanno ancora il timbro col pennarello sulle mani quindi chi ci ama ci segua. Per info su concerti e news ricordo la nostra pagina myspace (myspace.com/argetti) o vi invito a venirci a trovare in facebook o, meglio ancora, al bar dopo un concerto.

 

Se, fantasticando, poteste scegliere un producer con il quale lavorare, chi scegliereste?
Bill Stevenson, batteria dei Descendents e All. E recentemente anche dei Lemonheads se non erro.

 

E con quale musicista/gruppo realizzereste invece una canzone (o un remix) assieme?
Per la gioia del Cazza: Fugazi.
Per la gioia del sottoscritto: Dave Smalley.
Per la gioia di Punch: Ennio Morricone.

 

Prima abbiamo parlato dei gruppi ai quali vi ispirate di più per il genere che fate. Ora invece vorrei parlare dei gruppi che vi hanno cambiato la vita, anche di tutt'altro genere. Quali sono i vostri gruppi o cantanti preferiti e quali vi hanno spinto a voler diventare musicisti?
Marco probabilmente risponderebbe Joe Strummer. Per Punch è stato Fat Mike, alle superiori. Io dico mio fratello maggiore, Pippo, che attualmente vive e lavora come busker in UK e che saluto con affetto.

 

A livello di musicisti, qual è il vostro sogno nel cassetto?
Ci piacerebbe poter vivere di musica e girare il mondo suonando. Un mio grande sogno è visitare l'America e l’Australia e se potessi farlo suonando sarebbe magnifico.
Tornando alla realtà, ci piacerebbe che in futuro i nostri dischi significhino per qualche ragazzino quello che per noi hanno significato "Regatta de Blanc" dei The Police, "Dear You" dei JawBbeaker e "Can I Say" dei Dag Nasty.

 

Album (o gruppo) straniero da consigliare ad un amico
Consiglierei gli Jonossy da Stoccolma, un duo di chitarra acustica amplificata e batteria. Li ho visti esibirsi quest'estate al MalmoFest e ti fanno capire quanto abbiamo da imparare dai cuginetti del Nord Europa.

 

Album (o gruppo) italiano da consigliare ad un amico
"Celebrate Life" dei The Rituals, a mio avviso uno dei dischi più belli mai realizzato da una band underground italiana nell’ultimo decennio.

 

Album (o gruppo) in cui quale avresti voluto suonare
Jawbox!

 

Ultimo album (o gruppo) ascoltato
"Combat Groove" dei Superficie Ruvida, prima, in auto.

 

Ultima cosa: lasciate un breve messaggio di saluto che possa anche convincere le persone ad ascoltarvi.
Perchè ascoltarci ti domandi? Per lo stesso motivo del perchè hai due orecchie e solo una sola bocca: per ascoltare il doppio e parlare la metà! Salutiamo Groovebox per la divertente intervista e tutti i gentili lettori. Stay punk!


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